Nell’atelier di Sante Muro, per conversare, scoprire, rivelare i suoi progetti di arte pop contaminati dal repertorio del suo vissuto.
Cosa centrano l’uomo ragno, Frida Kahlo e Maradona? O Dalì con Totò? O un giaguaro in un salotto? Un elefante in una vasca da bagno, mentre Van Gogh esce di scena e si volta appena? A tenere insieme in ambienti non necessariamente consoni ai personaggi, ben allocati in “stanze” distinte, è Sante Muro, un eclettico e affermato artista autodidatta che ha aperto il suo studio al gruppo di visitatori che la nostra testata ha chiamato a raccolta per il quarto Appuntamento con la Cultura.
Per chi per la prima volta si è trovato davanti ai quadri di Sante, l’effetto spiazzante è garantito. Lo smarrimento è indotto dalle scelte e dagli assemblaggi che accennano, citano, rappresentano tessere di un immaginario collettivo che attinge a icone e personaggi arcinoti nei più disparati settori: cinema, arte, sport. Connessi a queste presenze si individuano tutta un’altra serie di elementi, oggetti, riferimenti che entrano in relazione per assonanza o contrasto, con indole e peculiarità dei “miti” che pubblicità, successo e consumo ci hanno quasi reso familiari. Ed è proprio su questa ri-conoscibilità che le tavole composte da Sante Muro fanno leva per attrarre l’attenzione. Altre evidenze sono la generosità cromatica e la licenza di abbinamenti che spostano l’interesse e gli interrogativi del messaggio su altri registri. E la conversazione intavolata con l’artista pop da Enzo Fierro e Francesco Cosenza ha provato a svelare qualche mistero di questo genere espressivo che è diventato connotativo della sua ultima produzione. I riconoscimenti e il consenso registrati con la mostra di fine anno a Napoli, presso la galleria Spazio57 col titolo BITE, hanno confermato le linee progettuali che Sante sta portando avanti. I suoi “eccessi” non sono il prodotto di invenzioni dell’Intelligenza Artificiale.
Sono sintesi di lavorazioni acriliche, materiche, come fossero collage di pensieri in movimento, che azzardano connessioni, sfatano analogie, ribaltano sensi e strumentalizzano significati. Senza tanti riguardi per ciò che è classico, realistico o surreale. Le contaminazioni non sono né casuali, né occasionali. Sono premeditate, studiate, insistite perché nella loro ridondanza, propongono significati precisi che intercettano traiettorie diversificate, quasi mai esplicite, ma giocate su un piano simbolico.
D’altronde questi interni prospettici immaginari, arricchiti da una selezionata fauna (giaguari, scimmie, meduse), con pareti improbabili e geometrici pavimenti articolati sono i campi che Sante elabora e restituisce al pubblico, quasi fossero dei rebus post-moderni, ma gli appartengono direttamente, perché sintetizzano i suoi flussi di pensieri e i meccanismi di successione che li relazionano. Le citazioni sono anche frutto di conoscenza, studio, sperimentazione che si arricchiscono di un corollario simbolico, figurativo, espressivo personale e interiore e che si propone come elaborazione dei vissuti, in una commistione pubblico-privata tutta da decifrare. Se poi ci sia tensione, denuncia, ammiccamento, emotività o massificazione nei progetti realizzati, tocca allo spettatore intercettare il bandolo per arrivare alla lettura di senso che l’autore si è premurato di eleggere. Compresa la voluta continuità ottica ricavata sul pavimento dell’atelier del tutto simile a quella riportata in molti dei pannelli appesi alle pareti. Per ulteriori approfondimenti www.santemuro.it
Piero Ragone
https://www.comeapotenza.it/visita-allatelier-di-sante-muro/