BITE
Sede espositiva: Galleria Spazio 57
Indirizzo: Via Chiatamone 57, Napoli 80121
Periodo di apertura: 1-30 dicembre 2024
Vernissage: domenica 1 dicembre 2024, ore 18.30
Ingresso gratuito
Organizzazione: Petit Prince srl – Fabio Maietta
Presentazione critica: Fabio Maietta
Testo critico in catalogo: Giuseppe Maria Andrea Marrone
Orari:
Martedì – Venerdì: 15:00 – 19:00
Sabato: 10:30 – 19:00
Domenica, Lunedì & Festivi : chiuso
La mostra Bite di Sante Muro a Napoli dal 1 al 30 dicembre 2024 presso la Galleria Spazio 57.
NAPOLI – Sono Connessioni iconiche ironiche Pop quelle che Sante Muro propone per la mostra Bite.
L’evento, il cui vernissage si terrà domenica 1 dicembre ore 18.30 presso la Galleria Spazio 57 in Via Chiatamone, 57 – Napoli, è un omaggio all’ironia caustica dell’artista che “morde”, Bite in ambiente anglofono, l’arte e la sua storia con un piglio dissacrante, ma mai banale, in grado di riprodurre un contatto tra il pubblico e la storia dell’arte stessa.
Suona, pertanto, familiare trovare nelle opere di Sante Muro un Van Gogh di spalle, pronto a uscire di scena, mentre altrove compare una scimmia ritratta come la divinità della Creazione di Adamo o una leggenda del calcio, Maradona, che ci ricorda la città partenopea, la sua storia e i suoi protagonisti dell’ironia pure presenti, i grandi Totò e Troisi, indimenticabili cantori del sorriso, ma con quella punta di malinconia che muove e guida un fare scherzoso, ma mai superficiale.
L’evento, reso possibile grazie all’incontro tra Aldo Caner, fondatore nel 1984 della Galleria d’Arte Petit Prince e Fabio Maietta, ideatore e promotore della mostra, con la collaborazione di Giuseppe Marrone, filosofo, critico d’arte e autore dello studio critico presente all’interno del catalogo di Sante Muro, sarà il primo di una serie nella città di Napoli con lo scopo, come il fuoco dei focolari, di diffondere una fiamma di cultura e partecipazione attiva al bello.
Testimonials
SANTE MURO,CONNESSIONI ICONICHE IRONICHE POP
testo critico di Giuseppe Maria Andrea Marrone
Sante Muro, esponente di un mondo artistico Pop?
Anche, ma inquadrare una ricerca complessa in questi termini sarebbe una riduzione non sufficiente.
La tracciabilità della materia Pop in un’opera ha a che fare più con un limite concettuale da fruitore dell’arte che con la creatività di Sante Muro che, per effetto della propria sensibilità, divora il mondo moderno contemporaneo dandone un colore proprio come un oggetto dello spazio profondo assimila materia per poi lanciarla con un raggio a milioni di anni luce.
Sante Muro emette luce e i colori, infatti, sono luce che nasce dall’intuizione di un sentire l’arte, la storia dell’arte, che lui morde con decisione: il morso dell’ironia. Mordere rende l’idea di una sensazione forte, l’ironia serve a rompere l’equilibrio: così, se la storia dell’arte è una linea temporale dritta, l’ironia potremmo renderla visivamente come una linea che fa su e giù, che valica il limite del politicamente corretto, che affronta, ad esempio, in All the long red lines un Van Gogh di spalle solo per ricordarci che sta uscendo dalla porta, che esce di scena, un’uscita annunciata da una scimmia attaccata ad una liana che ricorda con la mano allungata il gesto della divinità nella Creazione di Adamo di Michelangelo. Solo che la scimmia è posta alla destra dell’opera, la posizione che riveste Dio nell’opera immortale, quasi a voler rovesciare il rapporto di forza tra il divino-autorità della storia e l’artista-umano.
Il contatto della divinità-scimmia con il mondo terreno avviene non con Van Gogh, l’umano, ma con un bicchiere, una dissacrante trovata che è il motore dell’ironia: il rovesciamento della situazione di partenza.
Che poi, cos’è la scimmia se non un lontano parente dell’umano? Possiamo supporre che il primate stia anche, idealmente, per il cammino evolutivo dell’umanità. Un riferimento che sa di superamento. L’evoluzione è un superare che mantiene quello che c’era prima, proprio come nella dialettica dell’Aufhebung di Hegel: superare per mantenere, conservare.
In Volcano, poi, la grande energia di Napoli, con il suo sentimento, il suo cuore e la sua passione: uno svelamento della città, come un’amante che si sveste prima di fare l’amore, un’unione di sostanza, materica, profonda, che vive attraverso l’esplosione del Vesuvio e da cui sembra prender slancio la figura di Maradona che ha la posizione centrale nella composizione, a voler esser subito riconoscibile, mentre dei fenicotteri rosa ne scortano la presenza, animali acquatici simbolo del legame del napoletano con il mare.
Altrove, questa stessa ironia cela un velo appena percettibile di dolore, una sofferenza non aperta alla sensazione di pelle, ma che rimanda a sé stessa per mezzo dei protagonisti di due opere, Totò e Troisi, che sono il simbolo di un atteggiamento ironico malinconico, un sorriso tanto grande quanto la vastità del mare, ancora lui, profondo, una profondità dove, a volte, fatica la luce ad arrivare.
In tutte le opere di Sante Muro questa tensione mai eccessiva, ma quasi proposta come un gioco verso la vita, questo atteggiamento ironico, quasi scherzoso, che capovolge il mondo dei simulacri moderni, trova una propria dimensione con un’anima Pop, volutamente provocatoria, che parla con un linguaggio vicino di cose complesse come il senso dell’arte nell’oggi. A volte l’arte riproduce sé stessa, così, semplicemente, altre volte ha un sapore nuovo, così l’arte di Sante Muro ha una portata generativa, è nuova perché irrompe sul piano della realtà tendendo alla trasformazione, è anarchica perché insofferente alla riverenza alla storia.
Il passato è un mondo che ci appartiene perché è compreso in quello attuale, ma, comprendendo quello di prima, il mondo attuale non coincide mai con quello precedente, lo eccede come in un’estasi, è un uscire fuori di sé, se così non fosse sarebbe un bluff.
Giuseppe Maria Andrea Marrone - Critico d'Arte